Quarant'anni fa il Sessantotto - Bibliografia



Peppino Ortoleva, Saggio sui movimenti del 1968 in Europa e in America , con un'antologia di materiali e documenti, Roma, Editori Riuniti, 1988

 
saggio sui movimenti del 1968
È stata la prima opera di impianto storiografico pubblicata in Italia, tanto da essere considerata ormai un “classico” della ricerca su questi temi. Impostata in chiave nettamente internazionale, copre un arco cronologico compreso tra i primi anni Sessanta e il 1968, ed è caratterizzata tra l'altro da un'attenzione particolare per i temi del linguaggio e delle strategie di comunicazione dei movimenti studenteschi. L'antologia comprende brani di documenti, volantini e altre pubblicazioni dell'epoca.

Nel 1998 ne è uscita una seconda edizione, intitolata I movimenti del '68 in Europa e America.

 
     
Le radici del '68 , Milano, Baldini & Castoldi, 1998.

 
Le radici del'68
È sostanzialmente una antologia di testi, suddivisa in quattro parti (Stati Uniti, Germania Federale, Francia e Italia). Comprende tra l'altro l'unica traduzione integrale in lingua italiana delle Note di Port Huron , il lungo documento approvato nel giugno 1962 dall'organizzazione statunitense Students for a Democratic Society. In appendice vi compaiono inoltre una “Cronologia 1956- 1968” e una bibliografia dal titolo “Il movimento in Italia e all'estero”.
 

   
Nanni Balestrini e Primo Moroni, L'orda d'oro. La grande ondata rivoluzionaria e creativa, politica ed esistenziale, nuova edizione a cura di Sergio Bianchi, Milano, Feltrinelli, 1997

 
L'orda d'oro

È un'opera dal taglio “militante”, dedicata alla realtà italiana, che per un verso ricostruisce la cosiddetta “stagione dei movimenti” in un arco temporale molto ampio (dagli anni cinquanta alla fine dei settanta, comprendendovi anche il periodo della lotta armata) e per l'altro ne sottolinea con forza i caratteri di innovazione sul piano politico, culturale, comunicativo, pur senza eludere le gravi contraddizioni che caratterizzarono l'azione dei movimenti e dei gruppi che ne furono protagonisti.

Utile anche per il largo uso di documenti e testi dell'epoca, nonché per la raccolta di contributi e di riflessioni successive, tra cui quelle di Sergio Bologna, Rossana Rossanda, Paolo Virno.

La prima edizione (meno ricca e corposa) era uscita nel 1988 presso l'editrice milanese SugarCo.

 

   
Diego Giachetti, Un Sessantotto e tre conflitti. Generazione, genere, classe, Pisa, Biblioteca Franco Serantini, 2008, pp. 157

 
Un sessantotto e tre conflitti
È una delle opere più originali, fra le tante uscite in questo “quarantennale” del Sessantotto. Secondo l'autore, il carattere socialmente e culturalmente dirompente dei movimenti sviluppatisi attorno a quell'anno deriverebbe soprattutto dal fatto di aver espresso una rottura profonda fra le generazioni nate dopo la fine della seconda guerra mondiale (i “giovani”, genericamente intesi) e quelle che le avevano precedute, sia nel campo delle relazioni sociali e dei conflitti fra le classi, sia in quello dei rapporti di genere tra uomini e donne. E il ruolo delle formazioni politiche di estrema sinistra, in quel contesto, non sarebbe consistito tanto nel riprendere ed enfatizzare sul piano ideologico la tradizione rivoluzionaria del movimento operaio, quanto piuttosto nel dare voce e sostanza alle aspirazioni, alle idee, ai valori e ai bisogni di rivolta di quelle giovani generazioni.
Il libro, facendo ampio riferimento a studi, saggi e articoli dell'epoca, si segnala inoltre come un'ottima fonte di informazione sul dibattito politico e sociologico degli anni sessanta e settanta.
 

   
Anna Bravo, A colpi di cuore. Storie del sessantotto , Roma-Bari, Laterza, 2008, pp. 322  
A colpi di cuore
Non è un libro di ricostruzione degli avvenimenti, che hanno caratterizzato gli anni attorno al 1968, ma di riflessione e di discussione su ciò che quei fenomeni storici hanno rappresentato. «Il sessantotto – scrive l'autrice – è diventato un simbolo, e nei simboli ci si culla, indipendentemente dal loro contenuto». Ognuno, oggi, tende ad attribuirgli quei significati (positivi o negativi) che ritiene più adeguati a dare un senso al passato, e in particolare al proprio, soggettivo passato (giacché si tratta di un'esperienza vissuta intensamente, in prima persona, da molti di coloro che oggi ne scrivono e ne discutono). Il lavoro degli storici, tuttavia, consiste proprio nel tentare di superare i giudizi più consueti e stereotipati, le immagini di comodo (tutte al positivo, o tutte al negativo, a seconda dei punti di vista), i riflessi della memoria individuale e di gruppo, per interrogarsi più in profondità sul senso (e sulla complessità, quasi sempre irta di contraddizioni) di quanto è avvenuto, delle trasformazioni che ha prodotto nella società, ma al tempo stesso anche delle forme di autorappresentazione che ha dato di sé. «Scoprire quali tradizioni un movimento ha rivendicato o inventato, quali ha respinto o non ha visto, capire il modo in cui le ha combinate in qualcosa che prima non c'era, è uno degli aspetti più attraenti della storia che si legge – e anche di quella che si scrive».
Facendo riferimento a una grande quantità di studi sull'argomento (realizzati non solo in Italia, ma a livello internazionale, soprattutto negli Stati Uniti e in Francia), l'autrice riflette quindi sull'esperienza dei movimenti senza negarne o minimizzarne le valenze innovatrici, ma cogliendone anche i limiti e gli esiti meno felici. Due questioni su tutte: il ruolo delle donne e dei femminismi (ospiti ingrati, per molti versi, dei grandi movimenti collettivi post-sessantotto), e il tema della violenza, praticata o predicata con incosciente e colpevole leggerezza, senza curarsi degli effetti disastrosi che essa inevitabilmente produceva. Un libro prezioso, dunque, per le spiegazioni che offre e per gli interrogativi che solleva.

 
 
Enciclopedia del '68, Roma, manifestolibri, 2008, pp. 463  
Enciclopedia del '68
È una enciclopedia nel senso vero e proprio del termine, composta da oltre 450 voci disposte in ordine alfabetico. I curatori (Marco Bascetta, Simona Bonsignori, Marco Grispigni e Stefano Petrucciani) hanno cercato di dare conto sia dei fatti e dei personaggi principali, sia delle idee e delle scuole di pensiero che influenzarono maggiormente i movimenti di protesta, e anche degli aspetti legati al costume, all'immaginario, alla musica, all'arte. Ci sono voci dedicate a singole realtà nazionali (i maggiori paesi dell'Europa occidentale e orientale, gli Stati Uniti, la Cina , il Vietnam, il Giappone e molti paesi latinoamericani), voci di carattere tematico (si spazia da “Antipsichiatria” a “Utopia”, da “Critica del socialismo reale” a “Lotte per la casa”, da “Miti del '68” a “Società dei consumi”), voci biografiche (con un ampio spazio per musicisti e gruppi rock), voci dedicate a organizzazioni, partiti, sindacati, riviste. Un'opera che può risultare utile come strumento di consultazione, ma che può rivelarsi anche una piacevole lettura in sé, proprio per l'ampiezza dei temi toccati, per l'ottica decisamente internazionale (anche se l'Italia vi gode di un'attenzione particolare) e per l'originalità dei criteri di selezione.
 
 
Marica Tolomelli, Il Sessantotto. Una breve storia , Roma, Carocci, 2008, pp. 141  
Il Sessantotto. Una breve storia
È forse una delle opere più utili, per chi voglia avere un rapido quadro d'insieme del “mitico” Sessantotto. L'autrice infatti parte dalla constatazione che l'informazione e i giudizi su quei fenomeni storici, malgrado il gran parlare che se ne fa ad ogni ricorrenza, nel complesso risultano ancora molto approssimativi, soprattutto fra le generazioni più giovani. E si pone pertanto un duplice obiettivo: da un lato ricostruire in maniera sintetica i fatti (e gli antefatti) principali del '68 negli Stati Uniti e in Europa, dall'altro capire le ragioni per cui quei fenomeni diventarono quasi subito oggetto di un forte interesse da parte delle scienze sociali, producendo (“a caldo”, si potrebbe dire) delle interpretazioni forti, che si sono consolidate nel tempo e che ancora oggi ne costituiscono le chiavi di lettura più utilizzate. Ne sono indicate e discusse due, per molti versi antitetiche: il Sessantotto come «promotore di democrazia e modernizzazione», e il Sessantotto «come anticamera del terrorismo». In entrambe, sembra voler dire l'autrice, vi sono in ultima analisi degli elementi di verità e degli elementi di forzatura, a dimostrazione della complessità e della contraddittorietà di quella stagione di lotte sociali. E della necessità, quindi, di continuare a studiarla.
 
     
Rivolte a margine. Periferie del lungo Sessantotto , «Zapruder. Rivista di storia della conflittualità sociale», n. 16, maggio-agosto 2008, pp. 160

 
Zapruder. Rivista di storia della conflittualità sociale
Malgrado il titolo un po' misterioso (Abraham Zapruder era quel signore, che si trovò casualmente a filmare l'assassinio di J. F. Kennedy a Dallas, il 22 novembre 1963, con una delle prime cineprese portatili in commercio), si tratta di una delle riviste più originali attualmente in circolazione. È un quadrimestrale a carattere monografico che esce dal 2003, realizzato da un'associazione indipendente di ricercatori e appassionati di storia (Storie in movimento), e specializzato nell'analisi dei conflitti sociali e dei diversi modi con cui nel tempo essi sono stati considerati.
Questo numero è quasi tutto dedicato al Sessantotto. I curatori, Adriana Dadà e Paolo Mencarelli, hanno voluto evitare i percorsi più consueti e più scontati, e hanno privilegiato invece alcuni aspetti particolari della stagione dei movimenti, considerati talvolta (ma ingiustamente) “a margine” dei luoghi centrali del conflitto, come le lotte dei detenuti in Europa, la contestazione dell'istituzione manicomiale (viene trattato il caso di Torino), le esperienze di organizzazione dei lavoratori arabi in Francia, le agitazioni contadine in Calabria, e altro ancora. Come in ogni numero, ci sono anche schede informative su archivi e istituti di ricerca, e alcune recensioni di libri.
Non ultimo, fra gli elementi che rendono particolarmente interessante questo numero, è che gli autori sono perlopiù giovani e giovanissimi.

 
     
Cosa vogliamo? Vogliamo tutto. Il '68 quarant''anni dopo, a cura di Cinzia Arruzza, Roma, Edizioni Alegre, 2008, pp. 230

 
Cosa vogliamo? Vogliamo tutto
Si tratta degli atti di una giornata di studi, che si è tenuta a Roma il 31 gennaio e il 1° febbraio di quest'anno su iniziativa del Centro studi Livio Maitan (di cui la curatrice, Cinzia Arruzza, è la direttrice). Tra i motivi di interesse del volume vanno segnalate sia la partecipazione di alcuni giovani ricercatori (e ricercatrici), sia l'attenzione al Sessantotto come fenomeno mondiale, con relazioni non solo sull'Italia, ma anche sugli Stati Uniti, la Francia , la Repubblica federale tedesca e su alcuni paesi dell'Est europeo (Polonia, Cecoslovacchia, Repubblica democratica tedesca), appartenenti all'epoca all'area del cosiddetto “socialismo reale” e quasi mai considerati, quando si studiano i movimenti di protesta giovanili di quegli anni. Fra i temi trattati figurano inoltre i fermenti del mondo cattolico, le lotte operaie del 1969, le discussioni sul ruolo della scienza, come pure le questioni generazionali, i rapporti fra i generi e il sesso, così come fu vissuto dai giovani e dalle giovani del Sessantotto. Un'opera, insomma, che riesce a coniugare con efficacia la passione storico-politica, il rigore della ricerca e un'originale pluralità di approcci.
 
     
Giuseppe Carlo Marino, Biografia del Sessantotto. Utopie, conquiste, sbandamenti, prefazione di Nicola Tranfaglia, Milano, Bompiani, 2004, pp. XV-512

 
È un’opera rigorosamente storiografica, impostata su approfondite ricerche d’archivio (in particolare sulle carte di polizia conservate all’Archivio centrale dello Stato), ma al tempo stesso di taglio divulgativo, pensata anche per un pubblico di lettori non specialistici e quindi attenta alla ricostruzione puntuale dei fatti e alla spiegazione dei contesti in cui essi si svolsero. L’oggetto della ricerca è il Sessantotto italiano (inteso non come anno specifico, ma come fenomeno storico-politico) e la tesi dell’autore (professore all’università di Palermo) è molto netta, per certi versi decisamente controcorrente rispetto alle interpretazioni più ricorrenti su questi temi. Convinto che la chiave di lettura generazionale, di per sé, non sia sufficiente a spiegare il carattere dirompente di quei movimenti (giacché «fenomeni del genere si erano avuti anche in passato», seppure in forme meno vistose e massificate), Marino sembra respingere anche l’idea che il Sessantotto sia stato in ultima analisi un fattore di modernizzazione e di svecchiamento della società. Quelle esperienze, anzi, gli appaiono piuttosto in una luce cupa e disperata; ciò che gli interessa capire è perché esse abbiano fallito tutti i loro obiettivi dichiarati, non perché ne abbiano eventualmente conseguiti altri; perché quelle culture “rivoluzionarie” siano evaporate con tanta rapidità nei decenni seguenti e perché la maggior parte dei “sessantottini” abbia finito per essere riassorbita senza grossi problemi nella società che diceva di voler abbattere.
Il problema di fondo, per comprendere il Sessantotto, consisterebbe nel rapporto ambiguo e contraddittorio, che i movimenti di protesta avevano con il tema della “modernità”, proprio in un’epoca storica nella quale si stava consumando il passaggio (una vera e propria svolta di civiltà, secondo l’autore) dalla società industriale a quella post-industriale. Mentre le sinistre tradizionali in qualche modo avvertivano la portata epocale della svolta in atto (pur sottovalutandone gravemente - ammette Marino - la natura e gli esiti), i movimenti del Sessantotto continuavano a esprimere una cultura vecchia e superata dai fatti, incentrata su valori quali «il socialismo, l’internazionalismo proletario e la centralità operaia, la redenzione dall’alienazione e dallo sfruttamento, la liberazione degli oppressi, la spontaneità creativa delle masse, il dominio sulla natura», finendo così per aggrovigliarsi in un cumulo di contraddizioni ideologiche e politiche, tale da configurare (questa la tesi più forte del libro) non un’autentica spinta rivoluzionaria, quanto piuttosto una reazione volontaristica e soggettivistica «alla temperie dell’emergente postmodernità», «un tentativo ‘controrivoluzionario’ fallito», una disperata (e anacronistica) velleità di interrompere e deviare il corso della civiltà capitalistica.
Si tratta dunque di un libro denso di giudizi, di suggestioni storiche, di idee da discutere. Un libro che serve a conoscere i fatti, ma che spinge anche – e forse prima di tutto – a tentare di comprenderne il senso profondo.

 

   
Il sogno di cambiare la vita (fra gabbiani ipotetici e uccelli di rapina). Modelli sociali, educativi e artistici dal cuore del ’68, a cura di Roberto Alonge, Roma, Carocci, 2004, pp. 214

 
Il sogno di cambiare la vita
Il volume raccoglie i materiali di due giornate di studi organizzate nel 2002 dalla Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Torino. Il luogo e i giorni del convegno (l’aula magna di Palazzo Campana, il 27 e 28 novembre) rimandano volutamente alla “storica” occupazione torinese del 1967, considerata uno dei momenti/chiave del Sessantotto italiano, del quale il curatore offre nella breve Prefazione un’interpretazione particolare, incentrata non sui significati storico-politici di quel fenomeno, quanto piuttosto sui suoi aspetti di rivolta giovanile e generazionale, di soggettività e di creatività, proponendo «una riflessione sulla trasformazione dei modelli artistici, linguistici (ma anche sociali, educativi)», che ne derivarono.
Gli argomenti affrontati spaziano dal rapporto fra sociologia accademica e teoria critica della società (Luciano Gallino) alle parole del Sessantotto e alla “rivoluzione linguistica” del Maggio francese (Alda Rossebastiano e Mathée Giacomo), dalla “giovinezza” come condizione metastorica e soggettiva dei protagonisti di quegli avvenimenti (Giovanni De Luna) alla contestazione dei modelli pedagogici dominanti (Fiorenzo Alfieri e Giorgio Chiosso), dalle rappresentazioni della violenza (Sergio Luzzatto), al cinema e al teatro (Paolo Bertetto, Franco Prono e Gigi Livio). Completano il volume un intervento di Roberto Alonge (successivo al convegno) sul film di Bernardo Bertolucci The dreamers e alcuni brani della relazione tenuta dal cantautore Roberto Vecchioni sul tema Amore, figli e comunismo.
Si tratta dunque di un’opera originale, nel quadro degli studi sul Sessantotto, come conferma anche la scelta del titolo. La frase “il sogno di cambiare la vita” e l’espressione “gabbiani ipotetici” sono infatti riprese da una canzone di Giorgio Gaber, Qualcuno era comunista, mentre “uccelli di rapina” è un’espressione tratta dalla canzone A. R. (cioè Arthur Rimbaud) di Vecchioni.

 
     
La rivoluzione dietro di noi. Filosofia e politica prima e dopo il ’68, a cura di Marco Baldassari e Diego Melegari, Roma, manifestolibri, 2008, pp. 183

 
La Rivoluzione dietro di noi
Il volume ha avuto origine da un ciclo di seminari, che si tenne nel marzo 2007 a Parma per iniziativa del Centro studi movimenti (una delle associazioni culturali più attive a livello nazionale nella raccolta di fondi archivistici e bibliotecari, e nella ricerca storica sulla “stagione dei movimenti”). E, come spiegano nell’Introduzione i due curatori (entrambi giovani dottori di ricerca), è il frutto di un approfondito lavoro collettivo di riflessione: da un lato, sul «rapporto problematico e spesso contraddittorio tra il movimento del ’68 e alcuni dei fermenti forse più significativi del dibattito teorico novecentesco (Scuola di Francoforte, strutturalismo e post-strutturalismo francesi, marxismo critico, ecc.)», dall’altro sui mutamenti che il ’68 «ha introdotto nella pratica e nel pensiero della politica», sulle continuità e discontinuità rispetto a tradizioni già consolidate, nonché sulla possibilità che ancora oggi parti di quel pensiero abbiano qualcosa da dire in una prospettiva storica di emancipazione.
I dieci brevi saggi, che compongono il libro, sono pertanto suddivisi in due sezioni. La prima ha per titolo Dall’uomo a una dimensione alla morte dell’uomo. Il problema della soggettività tra filosofia e movimento, la seconda Ripensare il Sessantotto. Interpretazioni, eredità, divergenze. Lungi dal riproporre immagini celebrative e accomodanti, gli autori trattano i diversi temi con spirito critico, «lasciando trapelare – si legge nel risvolto di copertina – un’aperta divergenza tuttora irrisolta sul carattere di fondo del Sessantotto». Un’opera stimolante e importante, dunque, che conferma la vitalità di questo campo di studi, anche dal punto di vista della storia delle idee.

 
Contatti Links Area di Dialogo Le Attività