Gli ideali della Resistenza sono espressi in modo esemplare e commovente nelle Lettere dei condannati a morte della Resistenza europea, a cura di Piero Malvezzi e Giovanni Pirelli, prefazione di Thomas Mann,prima edizione Einaudi, Torino 1954, che sono l’estremo saluto alla vita di operai e sacerdoti, intellettuali e contadini, comunisti, socialisti, cattolici, liberali, tutti animati da un comune sentire.
Il comunista Julius Fucik scrive: “Credetemi, nulla, proprio nulla di ciò che è successo ha potuto togliermi la gioia che è in me e che ogni giorno si annuncia con qualche motivo di Beethoven”
E un giovane sacerdote cattolico tedesco, Hermann Lange, aggiunge: “Se mi chiedete come mi sento, posso soltanto rispondervi: sono serenamente commosso e pieno di una grande attesa. Con oggi ha termine per me ogni sofferenza, ogni miseria terrena e «Dio detergerà ogni lacrima dai loro occhi». […] Ovunque ci si guardi attorno, ovunque troviamo giubilo per la grazia di essere figli di Dio. Cosa mai può capitare a un figlio di Dio? Cosa avrei da temere? Al contrario: rallegratevi. Ancora vi ripeto: rallegratevi!”
Tra il laico e il religioso si viene a stabilire un’unità più profonda che antepone alla vita la speranza di un mondo migliore per tutti. Questo sentimento viene espresso splendidamente da un giovane partigiano francese, Félicien Joly, morto a 21 anni, nella sua ultima lettera dedicata “a tutti coloro che mi sono cari”: “Presto il duro inverno, presto anche la bella estate; io riderò della morte perché non morirò, non mi uccideranno, mi faranno vivere eternamente: il mio nome risuonerà dopo la morte non come un rintocco funebre, ma come un volo di speranza”.
Le Lettere sono un inno ai grandi ideali supremi che accompagnano la storia dell’umanità: la restaurazione delle principali libertà civili e l’affermazione del diritto dell’individuo a essere riconosciuto come persona; l’attuazione di una maggiore giustizia sociale; il ritorno a uno stato di pace dopo una lunga guerra devastatrice.
Della libertà, il partigiano italiano, Giordano Cavestro (Mirko), scrive: “La mia giovinezza è spezzata, ma sono sicuro che servirà da esempio. Sui nostri corpi si farà il grande faro della Libertà”. Con le parole di Norberto Bobbio: “Questo nascere alla libertà voleva dire instaurare un nuovo stato il cui fondamento fosse il riconoscimento del valore dell’individuo, di tutti gli individui, a qualunque classe o razza o partito o religione appartenessero, come persone, degni di eguale rispetto. Il problema della libertà in politica è il problema del riconoscimento in tutti gli uomini di qualche cosa che sta al di sopra dello stato, la propria coscienza”
Della giustizia, la partigiana montenegrina Anka Knezevic scrive: “Con le nostre ossa e i nostri cadaveri edifichiamo un nuovo mondo, nel quale gli uomini vivranno da eguali e avranno tutti i diritti”. Un nuovo mondo fondato su una maggiore eguaglianza, sul superamento dei privilegi economici, sull’abolizione delle distinzioni di classi. Una democrazia non soltanto di parola, ma reale, “uno stato che fosse casa di tutti, una casa più pulita per tutti”.
Della pace, il partigiano ucraino, Oleks Bokaniuk scrive: “La guerra è la più grande sciagura dell’umanità. Speriamo che dopo questa guerra venga una pace che renda possibile per molto tempo, e forse per sempre, la felicità. Congedandomi da voi, mi auguro di vedere la pace e una vita felice”. La pace si sposa con la fratellanza universale: “Abbiamo creduto – scrive ancora Bobbio – che la rottura delle catene dell’oppressione, la fine di una guerra atroce e stupida liberasse nuove energie morali, suscitasse una fede più alta e più disinteressata nelle possibilità dell’uomo di sentirsi fratello con gli altri uomini”.
I partigiani si distinguono dagli indifferenti perché hanno messo in gioco la propria vita e dagli avversari per la fede che essi hanno riposto nella interdipendenza e nella solidarietà tra i tre grandi ideali della libertà personale, della giustizia sociale e della pace tra le nazioni. Su questi principi si regge la nostra Costituzione.
L’ideale della libertà personale è affermato nell’art. 2: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”; l’ideale della giustizia sociale nell’art. 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”; l’ideale della pace nell’art. 11: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
A 80 anni dalla Liberazione, dipende da noi fare in modo che il risultato politico più significativo della Resistenza, la Costituzione, continui ad essere una realtà viva nel passato, nel presente e nel futuro del nostro Paese.