Il genere della pandemia

di Mia Caielli


Pietro Polito nella sua riflessione sulla attuale fase della pandemia sottolinea come questa abbia accentuato le differenze tra i ricchi e i poveri, nonché quelle fra i paesi del Nord e del Sud del mondo e come la effettiva garanzia della salute quale diritto universale non possa realizzarsi a prescindere dall’adozione di politiche indirizzate alla piena occupazione e alla promozione dell’uguaglianza. Un’uguaglianza che non può essere intesa come meramente formale, ma che dev’essere quanto mai concepita come principio che guida legislatori e governanti a un’azione volta alla riduzione delle disparità di fatto che persistono in tutte le società contemporanee. Tra queste disparità emerge con preoccupazione quella tra donne e uomini. Le prime sono state, innanzitutto, colpite in maniera sproporzionata dalla crisi pandemica a livello economico e occupazionale: basti riflettere sulla chiusura delle scuole, dei centri di assistenza e dei luoghi di lavoro che ha aumentato l'iniqua ripartizione del lavoro di cura non remunerato; sul divario di genere che si è accentuato durante la trasformazione digitale del mercato del lavoro; ancora, sul fatto che l’occupazione femminile è oggi più a rischio rispetto a quella maschile, soprattutto a causa dell’impatto della crisi economica sul settore dei servizi, in cui le donne costituiscono la maggioranza della forza lavoro. Inoltre, i ripetuti periodi di confinamento hanno determinato un aumento preoccupante delle violenze domestiche e hanno reso più ardua la ricerca di aiuto da parte delle vittime - spesso costrette  in casa con l'autore delle violenze – a causa dell'accesso limitato ai servizi di sostegno. Infine, il maggior utilizzo di internet negli ultimi mesi hanno comportato un aumento della violenza di genere e degli abusi sessuali online nei confronti di donne e ragazze, soprattutto di donne impegnate in politica e/o che appartengono a minoranze etniche e sessuali.

Insomma, la pandemia ci obbliga a non dimenticare che le discriminazioni e la violenza in tutte le loro forme non sono una questione privata, ma interrogano l’essenza stessa di una democrazia: un’agenda politica che adotti una prospettiva di genere e intersezionale è oggi quanto mai necessaria perché se il virus è sex-blind, i suoi effetti non lo sono.

 

 

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