Anti-ottimisti

di Giorgio Fontana


La pandemia come autobiografia della specie: l'immagine è quanto mai azzeccata. La catastrofe del coronavirus non è un episodio isolato ma il frutto di un rapporto violento e irresponsabile dell'umanità con la natura e con se stessa: che fare? Condivido senz'altro i suggerimenti di Pietro Polito, ma ho il sospetto che non basti vivere "in modo vigile", "attenti a noi stessi e agli altri": o meglio, temo che si possa farlo anche senza vera contezza del mutamento. C'è molto lavoro per i "pessimisti costruttivi" — che io preferisco chiamare anti-ottimisti —: provo a dare due spunti concreti, fra i molti possibili. Primo: una dieta vegetariana, o che comunque metta radicalmente in discussione le nostre scelte nutrizionali. Oltre al tema dei diritti degli animali, il consumo di carne resta uno dei fattori chiave di incremento del riscaldamento globale; e per l'OMS, la congettura più probabile sull'origine del Sars-Cov-2 sta nel passaggio dai pipistrelli agli umani via un animale intermedio — forse una specie selvatica venduta viva nei mercati. Ragionare criticamente su ciò che mangiamo è un atto politico. Secondo: impegnarsi in lotte più ampie e lungimiranti. Ad esempio per una massiccia ridistribuzione delle ricchezze, o un programma pubblico di risparmio idrico: soltanto con una pressione politica costante si colpiscono le cause e non solo gli effetti della pandemia. Certo, per questo occorrono classi dirigenti capaci di accogliere tali spinte: purtroppo, come osserva Polito, esse "si rivelano incapaci di ponderare i rischi". Del resto nell'anno scorso sono nate realtà auto-organizzate che, senza delegare a terzi, hanno coltivato forme di mutuo appoggio (penso alle Brigate volontarie per l'emergenza). Sono solo spunti, e ognuno ne avrà di propri: il tema cruciale mi pare in ogni caso non tornare a come eravamo, perché come eravamo — e siamo ancora, per moltissimi versi — non è più sostenibile. Ciò vale anche per il lavoro intellettuale, affinché non perda ulteriore mordente: è vero, l'intelligenza è la nostra principale risorsa; ma, e lo dico per primo a me stesso, dobbiamo usarla con maggiore radicalità.

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