“Andrà tutto bene” è stato il leitmotiv che ha segnato la “notte” del primo lock down.
Una frase che ha dato la speranza collettiva, l’augurio che il male sarebbe stato sconfitto dall’oggi al domani..
Purtroppo non è andata così.
E’ stato un tempo, scandito da ansia e paura, in cui tutto si è fermato. Solo la natura non ha subito arresti, facendosi beffa di un’Umanità impreparata e vulnerabile.
Un colosso d’argilla che si è sgretolato al cospetto dell’invisibile nemico.
Poi sono arrivati il vaccino, le varianti, la diffidenza verso il farmaco.
Ce la faremo?
Tutti abbiamo un unico desiderio: tornare alla vita di prima, quando la normalità si poteva racchiudere in una stretta di mano o in un caffè al bar.
Ma il “prima”, ahimè, ci ha portato a questa emergenza.
Nella casa dove aveva vissuto mia madre, in un paese del Sud, non c’era acqua corrente. L’erogazione era saltuaria e l’approvvigionamento avveniva presso una fontana pubblica. Nel 1959 ci trasferimmo in Piemonte e lei si stupì quando dai rubinetti, per la prima volta in vita sua, vide sgorgare l’acqua. Gridò quasi al miracolo e riteneva un sacrilegio sprecarne anche una sola goccia.
Le risorse non sono eterne solo perché ne abbiamo piena disponibilità.
Serve cambiare passo e acquisire la consapevolezza che ogni nostro piccolo gesto, volto al rispetto dell’ambiente che ci circonda, è un grande contributo.
Mi conforta il pensiero che le nuove generazioni siano fortemente impegnate nel tentativo di porre fine alla devastazione operata sin qui. E’ doveroso sostenere e condividere le loro battaglie.
Ma è altresì necessaria l’azione della classe dirigente, che sino ad ora è stata sorda a muoversi nella giusta direzione.
Il Climate Clock ci avverte che il tempo sta finendo.
Mentre attendo l’immunità di gregge e la rinascita in tutti i sensi, mascherina e disinfettante per le mani sono accessori dai quali non mi separerò per chissà quanto ancora.