Penso che la scelta d Pietro Polito di nominare tra le fila dei suoi intellettuali d’adozione e di riferimento, non solo uomini ma anche donne, sia un atto che sottende un significato storico e una presa di posizione politica di una certa importanza. Con questo libro e con le sue intellettuali Polito ci ricorda che la politica, il pensiero, la lotta non sono e non sono state nella storia del nostro paese, una prerogativa prettamente maschile. Nonostante all’inizio del ‘900 tanta parte del mondo politico fosse precluso alle donne, Polito riconosce il ruolo oltre che il valore morale, intellettuale e umano, tra le altre, di due donne: Ada Prospero Marchesini Gobetti e Camilla Ravera. L’autore identificando il contributo personale e collettivo di una ventina di figure tra uomini e donne, affiancando gli uni alle altre e riportando brevi episodi di esperienze significative che hanno fatto storia del Novecento, si pone la domanda se sia possibile e pensabile un’altra Italia. Ed è osservando gli esempi virtuosi di uomini e donne normali e allo stesso tempo straordinari, che la risposta sembra essere positiva. Tra queste, Prospero Marchesini Gobetti e Ravera non fanno eccezione: due donne con esperienze di vita non dissimili, consapevoli della grandezza dei propri ideali e dei doveri ad essi associati, i cui cammini si sono incrociati solo in età avanzata - Prospero aveva quarantatré anni, Ravera cinquantasei, alla fine della seconda guerra mondiale e a seguito della Liberazione dell’Italia dal Nazifascismo.
L’elemento che secondo Polito più avvicinò e distinse queste due donne fu la passione per la lotta, intesa come un impegno di vita, deciso e duraturo ed è anche ciò che a tutt’oggi rende importante la loro eredità intellettuale e morale. «Qual è la principale caratteristica dell’impegno di Ada e Camilla? Direi l’essere fedele alla verità è il principale tratto che le accomuna e che il loro impegno nato in entrambi i casi dall’appassionamento per la lotta degli operai, si alimenta, si irrobustisce e si approfondisce in seguito nella comune passione per la lotta alla quale partecipano come donne e per le donne.» (p. 66) L’impegno politico di Prospero e Ravera non ebbe una ma tante forme: entrambe prima dell’avvento fascismo si dedicarono all’insegnamento e all’educazione dei e delle giovani, parteciparono a gruppi politici e fecero parte di importanti redazioni, quali la ‘Rivoluzione Liberale’ e ‘L’Ordine Nuovo’; nel corso della Resistenza, nonostante le perdite affettive, gli arresti e le minacce, non smisero mai di credere nella lotta antifascista e di organizzare e proteggere i canali di informazione clandestini. Anche in seguito a questi vissuti la loro dedizione non diminuì e non persero di vista l’importanza delle battaglie per i diritti e l’emancipazione delle donne.
Ripercorrere il pensiero e le esperienze, anche tragiche di due donne che stavano al contempo all’interno e all’esterno delle dinamiche politiche e di potere, restituisce una prospettiva lucida e differente rispetto a quella che viene generalmente raccontata e fornisce nuove chiavi di interpretazione della storia, utili per una lettura critica della società presente: sulle modalità di lotta, sugli ideali antifascisti, sull’emancipazione delle donne e sulla forza potenziale dei giovani.
Ada Prospero e Camilla Ravera decisero già in giovane età di schierarsi dalla parte degli umili e degli oppressi percorrendo strade diverse, l’una la via della liberaldemocrazia, l’altra la via del comunismo. Il loro diverso colore politico era tuttavia accomunato da forti principi egualitari, dall’amore per la libertà e dal sogno di costruire una società migliore e pacifica; questa comunanza di ideali si tradusse presto in stima e ammirazione reciproca. L’incontro fisico tra le due donne, come ci ricorda Polito, avvenne in un momento in cui entrambe avevano dimostrato il loro valore l’una nelle organizzazioni clandestine antifasciste l’altra nelle formazioni partigiane, occupando talvolta posizioni dirigenziali di rilievo. Il sodalizio tra le due fu siglato in definitiva dalla scelta di Ravera di affidare le sue memorie dei lunghi anni trascorsi in carcere, alle mani esperte di Prospero che ne scrisse un libro. Anche grazie a Polito, è possibile prendere esempio dal rapporto tra queste due figure autorevoli: ci ricorda la forza che scaturisce dalla solidarietà tra donne e la profondità che caratterizza un’amicizia che nasce tra ideologie differenti.
Da Camilla Ravera Vita in carcere e al confino (1969) e dall’opera autobiografica di Prospero Diario partigiano (1972), possiamo ricavare non solo fatti ed avvenimenti, ma anche la complessità che attraversò le rivolte contro il passato e la volontà di ricercare nuove strade pratiche e teoriche. Qui troviamo anche il rifiuto da parte di entrambe di applicare alla propria esperienza di antifasciste una retorica eroica e autocelebrativa ed emerge invece la volontà di trasmettere la propria verità, dove la lotta non è solo eroismo ma anche paura, fatica e quotidianità. Polito conclude il capitolo dedicato a Prospero e Ravera inscrivendo il loro rapporto e la loro dedizione alla lotta nella connessione che sussiste tra sensibilità femminile e pacifismo: «La passione della lotta declinata da un punto di vista femminile è lotta per la pace. Così intesa la lotta è attività, iniziativa, impegno, non è mai contro è sempre per qualcosa, è la lotta non per contrapporsi e distruggere ma per unire e costruire» (p.66).