[Intervento al Convegno nazionale Per una storia della cultura a Torino e in Italia (1961-2021), Torino, Accademia delle Scienze, Polo del 900, 14-15 ottobre 2021, organizzato dal Centro studi Piero Gobetti, in occasione del 60° anniversario della sua fondazione, a 120 anni dalla nascita di Piero Gobetti.]
Carolina Nosenzo, per tutti Carla, nasce a Torino il 20 maggio 1929. Dopo la guerra inizia subito a lavorare per il quotidiano “l’Unità” ed è lì che conosce Paolo Gobetti con il quale si unisce in matrimonio nel 1950. Nel 1961 con Ada Prospero, la giovane compagna e moglie di Piero, e il loro figlio Paolo, è tra i fondatori del Centro studi Piero Gobetti nella sede storica, in via Fabro 6, la stessa casa in cui vissero insieme Piero e Ada. Fin dall’inizio ha diretto il Centro studi e per un certo periodo l’Istituto per la storia della Resistenza in Piemonte. Dopo la morte di Ada il 14 marzo 1968 diventa l’anima del Centro.
Proprio nel 1968 è tra gli autori, insieme a Giorgio Vaccarino e a Romolo Gobbi, del volume L’insurrezione di Torino. Saggio introduttivo, testimonianze, documenti, con una prefazione di Franco Antonicelli, dove si legge che “la scelta dei documenti, la loro ripartizione in sei sezioni, le pagine introduttive sezionali e il corredo di note a ciascuna sono opera di Carla Gobetti e di Romolo Gobbi, l’una direttrice, l’altro collaboratore del piemontese Istituto Storico della Resistenza”[1].
Se dovessi riassumere in una espressione il senso del lavoro e della vita di Carla Gobetti, direi che ha impersonato nella cultura torinese e italiana degli anni Settanta, Ottanta e Novanta «un formidabile organizzatore della cultura» (come Gramsci ebbe a scrivere di Gobetti). Alla sua scuola si è formata una generazione di storiche e di storici che hanno indagato i grandi temi e problemi del Novecento italiano, dalla crisi dello stato liberale al fascismo, dalla storia del movimento operaio a quella dei nuovi movimenti, dalla storia politica a quella economica, dalla storia della cooperazione a quella dell’emigrazione.
Lo stile di lavoro di Carla era totalmente diretto alla valorizzazione delle tante persone che hanno collaborato attivamente alle sue numerose imprese culturali. Una tra le più importanti è la mostra Un’altra Italia nelle bandiere dei lavoratori. Simboli e cultura dall’unità d’Italia all’avvento del fascismo, a cura del Centro Gobetti e dell’Istituto Storico della Resistenza in Piemonte. Nel prezioso catalogo della mostra (1980, seconda ed. 1982), con la prefazione di Sandro Pertini, una premessa di Norberto Bobbio e l’introduzione di Guido Quazza, Carla risulta semplicemente autrice di una asciutta scheda intitolata Collaboratori, in cui li enumera uno ad uno, indicando per ciascuno compiti e professionalità. Credo che le avrebbe fatto piacere essere ricordata insieme alle tante persone che hanno lavorato con lei[2].
Particolare attenzione ella ha dedicato alle figure di Piero e Ada Gobetti e della tradizione morale prim’ancora che politica del gobettismo e dell’antifascismo liberale e democratico. Si deve molto al suo lavoro e alla sua capacità di riunire nel Centro e attorno al Centro gruppi di giovani appassionati allo studio, alla ricerca e all’impegno, se il messaggio del prodigioso giovinetto, il teorico di una immaginaria rivoluzione liberale, negli anni non ha mai perso di vigore. Della sua prodigiosa attività di promozione dell’eredità gobettiana mi limito a richiamare il dialogo da lei promosso tra Torino e Parigi all’insegna di Gobetti e dell’antifascismo democratico. Con Carla, Piera Carbone, Gerardo Padulo, Alberto Cabella, Aldo Vitale e Norberto Bobbio ci siamo recati sulla tomba di Gobetti al Pere Lachaise a Parigi, ospiti della Maison de l’Italie, per la prima volta nel 1983. A distanza di quarant’anni nel 2013 ci siamo tornati con Carla, con la nipote Marianna e con un gruppo di giovani amiche e amici del Centro. Una tradizione rinnovata da Roberto Giacone in occasione del 90° anniversario della morte di Piero con la presentazione dell’antologia di scritti di Piero e Ada Gobetti, La forza del nostro amore (2016)[3].
In questa occasione desidero inoltre soffermarmi su una delle sue imprese che, a un certo punto della mia vita, mi ha visto coinvolto personalmente. Mi riferisco alla rivista “mezzosecolo”, gli Annali del Centro Gobetti, dell’Istituto per la storia della Resistenza in Piemonte e dell’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza. La rivista “mezzosecolo” ha una funzione importante nella conoscenza dell’opera di Gobetti, pubblicando numerosi carteggi: Rodolfo Mondolfo, Umberto Morra, Giovanni Ansaldo, Edouard Berth, Luigi Sturzo, Sebastiano Timpanaro, Umberto Zanotti Bianco, Remo e Alfredo Formica, Eugenio Montale, Carlo Avarna di Gualtieri, e ospitando numerosi studi critici, che ne hanno toccato diversi aspetti della figura e del pensiero. Per fare qualche esempio: il tema della “riforma”, il suo peculiare liberalismo e il confronto col marxismo (Marx e Sorel), il rapporto con i cattolici (Sturzo e Giordani), la discussione sulla rivista politica maggiore, con particolare riguardo al socialismo e al fascismo, il tema della “modernizzazione” che presenta singolari ascendenze weberiane, le figure dell’italiano e dell’anti-italiano. Tra gli interessi letterari: le edizioni dei “poeti di Gobetti” e il rapporto con Montale. Alla straordinaria fortuna di Gobetti, che perdura ininterrotta fin dagli anni della sua “prodigiosa giovinezza”, Giancarlo Bergami dedicava un primo bilancio già nel primo fascicolo di “Mezzosecolo” (1975).
Molti di noi hanno fatto la loro prima prova di scrittore sulle pagine di “mezzosecolo”. Ho vivo il ricordo di quando tanti anni fa, laureatomi con una tesi su Gobetti e Marx, con timore e tremore varcai la soglia dello studio di Carla, che prima era stato di Piero e di Ada, per sottoporle il progetto di un articolo per “mezzosecolo”. Era con noi, che abbiamo avuto la fortuna di incontrarla, comprensiva quanto severa, aperta quanto esigente, in ogni caso felice e orgogliosa dei nostri risultati. Il mio primo saggio storico dedicato a Gobetti e Sorel è comparso negli Annali 1985/1986 di “mezzosecolo”. Sulla copia da lei donatami Carla scrisse: “A Pietro Polito, finalmente autore!”. Lasciatemi ricordare almeno una altra sua dedica: ”Per Pietro Polito, con gli auguri 95 per la riuscita delle sue e nostre aspirazioni. Carla Gobetti. 23. XII. 94”[4].
Le pagine scritte da Carla autrice sono poche ma preziose. In uno dei suoi rari contributi dedicato all’emigrazione politica ed economica dall’Italia verso la Francia si domanda: «Chi erano i nostri eroi? ». Per Carla, i veri eroi sono i semplici, gli sprovveduti, coloro che «quasi segnati dal cielo, si sono fatti carico delle aberrazioni (interne ed esterne) del loro Paese». Si tratta di «una minoranza che si è fatta strada fra luci e ombre, errori e iniquità, ma non ha abdicato, nella situazione di forzata emarginazione nella quale si è venuta a trovare, ad alcuni inviolabili principi morali, smarriti dall’immensa maggioranza del popolo italiano»[5]. Da Carla abbiamo imparato il senso della memoria e dell’utopia. Riferendosi alla storia del movimento operaio e dell’emigrazione politica ed economica si è domandata: «Che cosa ne è dell’utopia oggi?». Ecco la sua risposta: «Tutto questo che è stato, oggi è cultura: l’invisibile memoria dell’immensa maggioranza»[6].
Tra le immagini che sono state usate per lei nei giorni di cordoglio e di commozione per la sua morte, mi piace richiamare quella suggerita da Alberto Cavaglion: «una specie di Regina. Senza scettro e senza corona, ma regale nel comportamento e nella certezza della parola data a un amico». In tutto quel che faceva, Carla portava la serenità necessaria quando il mare è in burrasca, un’aria famigliare che metteva a loro agio gli amici e inquietava gli avversari, «uno spirito anarchico-francescano» che rinnovava e ravvivava in modo personale e originale i valori della tradizione gobettiana: l’intransigenza, l’anticonformismo, il rifiuto dell’ipocrisia, la tutela offerta alle eresie e alle minoranze.
L’ultimo ricordo pubblico che ho di Carla e che voglio condividere con voi è la partecipazione alla manifestazione del Primo maggio a Torino nel 2013, in corteo da Piazza Vittorio a Piazza San Carlo, incontrando tante persone amiche, contenta, ha salutato la sua città, scortata da un piccolo gruppo centrogobettiano.
Note:
[1] Guanda Editore, Parma 1968, p. 10.
[2] Giorgio Agosti, Nini Agosti Castellani, Diana Carminati Masera, Ersilia Alessandrone Perona, Marco Revelli, Giovanni De Luna, Aldo e Paola Agosti, Gianni Perona, Mariangiola Reineri, Marisa Diena, Luciano Boccalatte, Riccardo Marchis, Gerardo Padulo, Carlo Devito, Giobatta Maccario, Luciano Salvioni, Eleonora Amari, Laura Malvano Bechelloni, Simonetta Ortaggi, Franco Ramella, Luciana Benigno Ramella, Alberto Cabella, Piero Traversa, Danilo Cappelli, Patrizia Rosso, Silvana Pettenati, Liliana Lanzardo, Leonardo Mosso, Laura Castagno, Gianfranco Cavaglià, Gianfranco Torri, Giancarlo Bergami, Giuseppe Risso, Paola Zanetti, Maria Adelaide Frabotta, Marta Risso, Oscar Mazzoleni, Silvia Bergero, Marco Scavino, Sergio Caprioglio, Laura Contini, Gina Nosenzo, Cesare, Marco e Nili Contini, Domenico Ballarino, Adriano Castella, Gianfranco Baldi, Carlo Acquaviva, Brigitte Maurin Farelle, Silvana Barbalato, Franca Crestani, Gabriela Cavaglià, Nives Palaziol, Piera Tachis, Franca Ranghino.
[3] P. e A. Gobetti, La forza del nostro amore, Tracce di una vita, a cura di Pietro Polito e Pina Impagliazzo, Passigli, Firenze [gennaio] 2016.
[4] La dedica si trova sul frontespizio del libro di Emanuela Bufacchi, Il mito di dante nel pensiero di Gobetti, premessa di Cosimo Ceccuti, Le Monnier, Firenze 1994 (Quaderni della Nuova Antologia, LVI).
[5] Cito da L’Italia in esilio. L’emigrazione italiana in Francia - L’Italie en exil. L’mmigration italienne en France entre les deux guerres, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, Roma 1993. Gli enti editori sono l’Archivio Centrale dello Stato, Roma, il CEDEI, Parigi, il Centro studi Piero Gobetti, Torino, l’Istituto italiano di Cultura, Parigi. Carla Gobetti è autrice dell’introduzione alla sezione “Tra utopia e storia . Entre histoire et utopie”, pp. 350-354. La citazione è a p. 354.
[6] Ivi, p. 354.